Oggi, le notizie più importanti arrivano dagli Stati Baltici.
Qui, Riga ha adottato un provvedimento deciso e visibile per evitare qualsiasi precedente di invasione russa, vista la continua messa in discussione della propria sovranità da parte dei media russi. Ordinando l’espulsione di massa dei cittadini russi dal paese e richiedendo ora direttamente un’ulteriore sicurezza da parte della Nato, i Paesi Baltici comprendono che un’invasione russa è una minaccia reale proprio alle loro frontiere.

La Lettonia ha dato a 841 persone un termine per lasciare il paese dopo che non hanno superato i nuovi controlli linguistici e di sicurezza; chi non si adegua rischia la perdita dei servizi e una possibile deportazione. Questo provvedimento segue una legge separata che già vieta ai cittadini russi di acquistare proprietà, una misura volta a impedire agli attori esterni di acquisire silenziosamente influenza attraverso il mercato immobiliare. In pratica, questa azione chiude numerosi punti di accesso, conti bancari, contratti di affitto, proprietà e registri elettorali locali che precedentemente permettevano agli attori legati alla Russia di operare in Lettonia con minima supervisione. Dal punto di vista amministrativo, si tratta anche di un test: la rapidità con cui registri locali, polizia e tribunali possono elaborare i controlli, chiudere le falle e gestire i ricorsi determinerà se la legge funziona come un filtro di sicurezza efficace o si trasforma in un pasticcio burocratico con ripercussioni umanitarie.

Durante il periodo sovietico, Mosca trasferì un gran numero di russi etnici nei Paesi Baltici per modificare la composizione demografica locale. Ciò ha lasciato città e distretti dove i parlanti russi rappresentano una larga fetta della popolazione, le stesse comunità che Mosca afferma ora di dover proteggere, lo stesso pretesto utilizzato per invadere l’Ucraina. Per questa ragione, i governi baltici considerano le regole sull’immigrazione e la residenza come questioni di sicurezza nazionale, e non semplici pratiche burocratiche. Le capitali baltiche vedono Mosca ripetere il medesimo schema del Donbas: etichettare la minoranza russofona come perseguitata, fornendo un pretesto per l’invasione.

A far emergere la questione in modo pubblico è stato un netto aumento di incidenti e provocazioni. Il 19 settembre, tre caccia russi MiG-31 sono entrati nello spazio aereo estone per circa 12 minuti prima di essere intercettati dagli aerei alleati, provocando l’invocazione dell’Articolo 4 della Nato, un’azione politica rara destinata a segnalare preoccupazione all’alleanza senza una chiamata diretta all’azione.

È significativo che un diplomatico russo abbia dichiarato apertamente che i voli erano intenzionali e dovevano essere considerati come risposta ai raid ucraini in Crimea. Tale ammissione ha rafforzato l’opinione pubblica nei Paesi Baltici, soprattutto mentre i media legati allo Stato russo hanno iniziato a usare un linguaggio dai toni imperiali, riferendosi alle capitali baltiche con termini denigratori che implicano la messa in discussione della loro sovranità; ad esempio chiamando l’Estonia “provincia e governatorato di Estland”, nome sotto l’occupazione dell’impero russo. Questa retorica normalizza la pretesa russa secondo cui la mappa post-sovietica è contestabile e alimenta la questione delle risposte protettive, esattamente il tipo di narrativa che i Baltici temono e che Mosca potrebbe usare per giustificare una futura invasione.

Immediatamente, le espulsioni rendono la vita quotidiana più difficile per chi è costretto a partire: si perde la casa, il lavoro e i servizi di base, e tutti coloro che restano affrontano controlli d’identità e verifiche più rigorose. Allo stesso tempo, rimuovere persone con facile accesso alle reti locali chiude diverse rotte che Mosca avrebbe potuto utilizzare per influenza, spionaggio o pressioni silenziose. All’esterno della Lettonia, il paese ha richiesto direttamente caccia stealth F-35 per pattugliare e proteggere il proprio spazio aereo, scoraggiando ulteriori provocazioni russe.

Questo approccio comporta chiaramente dei compromessi, poiché prendere una linea dura con espulsioni e divieti di acquisto immobiliare potrebbe fornire alla Russia la narrativa per giustificare un’invasione come necessaria a proteggere i russi etnici. Pur creando problemi umani concreti e perdite economiche, ai russi etnici è stata data ampia opportunità di adeguarsi alle nuove leggi sull’immigrazione, e attualmente vengono espulsi solo coloro che si sono rifiutati. Inoltre, non fare nulla lascia aperti punti deboli e permette la continuazione di influenze ostili: come dimostra l’Ucraina, la Russia può sempre inventare un motivo per un’invasione su larga scala.

Nel complesso, le espulsioni della Lettonia, gli incidenti dei MiG sull’Estonia e l’erosione della sovranità baltica da parte della Russia sottolineano che i Paesi Baltici devono passare dalla protesta all’azione. Rimuovere le aperture legali ed economiche per Mosca taglia le vie silenziose di influenza e giustificazione, e abbinare ciò a pattugliamenti della Nato garantisce la sicurezza della regione per possibili sviluppi futuri.

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