Oggi la notizia più importante arriva dalla Russia.
Qui, un annuncio sconvolgente ha rivelato la portata della crisi di manodopera bellica del paese. Mosca prevede di importare un milione di lavoratori indiani, una mossa che mette in luce la portata del collasso interno della Russia e la sua crescente dipendenza dalla manodopera straniera per mantenere attivi persino i servizi di base. L’annuncio è stato fatto dalla Camera di Commercio e dell’Industria degli Urali, che ha rivelato i piani per portare nel paese un milione di lavoratori indiani per coprire i posti lasciati vacanti dai russi inviati al fronte.

Questi lavoratori non verranno impiegati in settori qualificati o nella ricostruzione, ma per mantenere in funzione i sistemi quotidiani, un segnale chiaro che la forza lavoro interna russa è stata svuotata dalla coscrizione. Presentare l’iniziativa come un progetto commerciale serve appena a mascherarne la reale funzione: compensare la massiccia perdita di lavoratori abili in tutto il paese.

L’impatto è stato immediato e, mentre i media statali hanno per lo più ignorato la notizia, le testate regionali e le autorità locali l’hanno confermata in sordina, mentre l’annuncio si è diffuso ampiamente sui canali dedicati alle tematiche militari.

I pochi commenti emersi dai politici russi sono stati vaghi ed evasivi, incentrati sulle partnership economiche piuttosto che affrontare il problema di fondo. Ma la mossa non è passata inosservata: ha infranto la potente illusione che la Russia, nonostante le crescenti perdite e le ripetute ondate di mobilitazione, potesse contare indefinitamente sulla propria popolazione. Questo momento rivela anche la crescente stanchezza della società russa; il silenzio dello stato ha lasciato un vuoto colmato da sarcasmo e inquietudine. Le associazioni di veterani e gli analisti militari russi, molti dei quali avevano sostenuto le precedenti mobilitazioni, stanno ora iniziando a mettere in discussione la logica di sostituire i cittadini coscritti con stranieri. Il loro tono è passato da un patriottismo sicuro a un disagio cauto, un segnale del progressivo declino della narrativa bellica.

La portata di questo declino è stata sottolineata da un altro evento avvenuto pochi giorni prima. Pavel Gubarev, ex funzionario della sedicente Repubblica Popolare di Donetsk, ha ammesso pubblicamente che la Russia ha subito oltre un milione tra morti, feriti o dispersi in soli tre anni e mezzo di guerra. “Un milione non è un numero piccolo”, ha detto, un’affermazione ancor più significativa perché non è arrivata attraverso canali ufficiali, ma durante un’intervista informale che si è rapidamente diffusa online. Nessun portavoce del Cremlino ha confermato la cifra, ma le parole di Gubarev hanno rappresentato una rara breccia nel muro della censura e mostrano quanto profondamente il conflitto abbia colpito la società russa.

Il piano per importare lavoratori indiani non è un evento isolato; fa parte di un più ampio tentativo della Russia di compensare le crescenti perdite. Nelle ultime settimane, le forze ucraine hanno catturato diversi cittadini camerunesi nelle zone di combattimento. Questi uomini, a cui era stato promesso lavoro in fabbrica in Russia, si sono ritrovati al fronte con equipaggiamento militare. I loro contratti prevedevano una paga di circa un milione di rubli, ovvero circa tredicimila dollari, significativamente meno di quella offerta ai reclutati russi, confermando che Mosca sta cercando manodopera sacrificabile all’estero.


Molti sembrano ignari del reale impiego fino a quando non è troppo tardi, e uno schema simile sta emergendo con il Laos. Secondo i servizi segreti ucraini, un contingente di genieri laotiani sta per essere schierato nella regione di Kursk sotto la copertura di operazioni di sminamento.


Lo stesso schema — il dispiegamento mascherato di personale militare straniero — si è già visto nei casi che coinvolgono la Corea del Nord e altri partner. Mosca sembra voler presentare la presenza di truppe straniere come aiuto umanitario, per aggirare le sensibilità interne e lo scrutinio internazionale.


La dipendenza militare della Russia dalla manodopera importata non è più una voce o una tattica isolata; sta diventando una strategia istituzionalizzata. In questo modo, Mosca ammette tacitamente ciò che non può dire apertamente: la guerra ha prosciugato la popolazione, la mobilitazione patriottica non basta più e, senza manodopera esterna, persino il fronte interno rischia di crollare.


Nel complesso, la decisione di portare un milione di lavoratori indiani non è solo una soluzione logistica; rappresenta una frattura politica.

La guerra della Russia è ora visibilmente esternalizzata, con la manodopera straniera che assume sempre più i ruoli un tempo riservati ai cittadini russi. India, Camerun e Laos non stanno offrendo il loro supporto spontaneamente; vengono trascinati in un sistema che maschera i suoi veri costi e le sue reali intenzioni.

Per l’Ucraina e i suoi partner, questo cambiamento è un chiaro segnale che la crisi di manodopera della Russia non solo è reale, ma sta accelerando.

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