La Guerra In Sudan Escala Mentre La Base Segreta Russa Finisce Sotto Attacco

May 21, 2025
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Recentemente, un attacco alla base navale russa Flamingo a Port Sudan ha trascinato il Mar Rosso ancora più a fondo nella guerra civile sudanese. Quella che un tempo era una tranquilla base militare è ora esposta, contesa e al centro di una lotta di potere regionale molto più ampia.

L’obiettivo della Russia è stabilire una presenza navale permanente nel Mar Rosso formalizzando ed espandendo la base militare Flamingo a Port Sudan. La struttura servirebbe come hub logistico per asset navali, punto di sorveglianza sui corridoi marittimi chiave e trampolino di lancio per l’influenza militare ed economica in Africa e Medio Oriente. Reti militari private legate al ministero della Difesa russo, evolutesi dal gruppo Wagner, hanno utilizzato il Sudan per l’addestramento, la logistica e l’elusione delle sanzioni.

Con oro e carburante instradati tramite intermediari sudanesi, la presenza russa a Port Sudan ha permesso a Mosca di operare in modo discreto ma efficace, lontano dalla supervisione occidentale.

Il Sudan è ora nel mezzo di una guerra civile tra due fazioni rivali. Da un lato ci sono le Forze Armate Sudanesi, guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, che controllano l’est del paese, compreso Port Sudan e l’apparato governativo ufficiale. Esse sono sostenute da Russia, Iran e Corea del Nord, che forniscono equipaggiamenti militari, consiglieri e supporto strategico.

Dall’altro lato ci sono le Rapid Support Forces, una fazione ribelle guidata da Mohamed Hamdan Dagalo, che controlla ampie porzioni del Sudan occidentale e rotte di contrabbando fondamentali. Le Rapid Support Forces sono sostenute esclusivamente dagli Emirati Arabi Uniti, che forniscono droni, finanziamenti e supporto politico. Questo coinvolgimento straniero ha trasformato il conflitto interno sudanese in un campo di battaglia regionale, dove il controllo di porti, aeroporti e installazioni militari straniere è diventato centrale per le strategie di entrambe le parti.

Inizialmente presentata come un semplice hub logistico neutrale, la base russa Flamingo si è evoluta in un nodo di supporto per le Forze Armate Sudanesi. Le reti private russe sono diventate sempre più legate a queste forze, offrendo addestramento, supporto alla sorveglianza e aiuti militari instradati attraverso il porto.

Queste attività hanno rafforzato la parte governativa e, di fatto, trasformato Flamingo in un assetto militare rilevante nel conflitto, rendendola un obiettivo valido per le forze di opposizione. Le Rapid Support Forces hanno lanciato un attacco calcolato per negare ai rivali l’accesso a un vantaggio strategico. L’attacco è stato condotto tramite un’ondata di droni suicidi seguita da un attacco aereo con equipaggio. I droni avevano lo scopo di saturare le difese aeree, aprendo la strada all’attacco principale.

Colpendo Flamingo, l’intento era interrompere la logistica sostenuta dai russi, minare le linee di rifornimento del governo e segnalare la volontà di reagire all’interferenza straniera.

Le immagini satellitari hanno confermato la distruzione di più edifici all’interno della base Flamingo. Ulteriori attacchi hanno colpito depositi di carburante, stazioni radar e l’aeroporto di Port Sudan, dove si riporta la distruzione di un aereo da trasporto russo Ilyushin. Fonti legate alla Russia hanno anche riconosciuto diverse perdite militari. Questi attacchi hanno rappresentato la sfida più diretta finora alla posizione russa in Sudan.

Fino ad ora, la Russia operava nell’ombra, facendo affidamento su attori negabili, accordi locali e ambiguità strategica. Ma l’attacco ha rivelato la vulnerabilità di questo modello. Per le Forze Armate Sudanesi, l’attacco ha confermato i timori che accettare basi straniere o assistenza comporti anche il rischio di ritorsioni da potenze rivali. Per le Rapid Support Forces, ha dimostrato che anche le installazioni straniere ben protette possono essere colpite se si individuano correttamente i bersagli.

In risposta all’attacco, la Russia sta rafforzando il sito tramite reti militari private, aumentando la sorveglianza tramite droni e deviando le linee di rifornimento da Libia e Siria.

È iniziato anche un discreto sforzo diplomatico verso funzionari sudanesi e mediatori del Golfo per contenere ulteriori conseguenze. Nel frattempo, gli Stati Uniti, che mirano a porre fine al conflitto, stanno esercitando pressioni sugli Emirati Arabi Uniti affinché riducano il trasferimento di droni alle forze d’opposizione e collaborano con l’Egitto per delineare una struttura di sicurezza del Mar Rosso che escluda un ulteriore rafforzamento militare russo ed emiratino.

Nel complesso, l’attacco a Flamingo ha costretto la Russia a difendere una base che non aveva mai ufficialmente riconosciuto, ma che rappresenta un asset fondamentale per la sua influenza sul Mar Rosso e nell’Africa nordorientale. La capacità di espandersi silenziosamente, usando reti grigie, partner negabili e logistica informale, ha raggiunto il proprio limite in Sudan. Se la Russia sceglierà di intensificare, ritirarsi o assorbire ulteriori perdite determinerà non solo il futuro di Flamingo, ma anche la credibilità della sua più ampia strategia di proiezione di potenza. Il Sudan, un tempo una frontiera trascurata, è ora diventato il banco di prova vivo di quanto lontano possa spingersi l’impero informale russo.

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