Oggi arrivano aggiornamenti interessanti dal Mar Mediterraneo.
Qui, una serie di esplosioni che ha coinvolto petroliere appartenenti alla flotta ombra russa suggerisce un sabotaggio mirato volto a minare il commercio illegale di petrolio della Russia e a contrastare i tentativi di eludere le sanzioni occidentali. Sebbene nessuno abbia rivendicato direttamente la responsabilità, il chiaro schema di questi eventi suggerisce che potrebbe esserci lo zampino dei servizi segreti ucraini dietro questi attacchi distruttivi.

L’ultimo incidente è avvenuto di recente e ha coinvolto la Vilamoura, una petroliera battente bandiera delle Isole Marshall che trasportava oltre un milione di barili di greggio russo. A circa 150 chilometri a nord-est della Libia, la nave ha subito una violenta esplosione nella sala macchine, riportando gravi danni e venendo costretta a fermarsi completamente. L’equipaggio è stato successivamente evacuato. I servizi di intelligence ucraini hanno identificato la nave come parte della rete clandestina russa per il trasporto di petrolio, ovvero la cosiddetta flotta ombra.

Già a marzo, un’altra nave della flotta ombra, la Andromeda Star, aveva subito un’esplosione simile vicino alla Danimarca. Lo scoppio nella sala motori aveva compromesso gravemente la propulsione e la navigazione, causando una collisione con un’altra nave non identificata. Le autorità avevano inizialmente parlato di un guasto meccanico, ma i sospetti di un sabotaggio deliberato sono emersi rapidamente, dato il coinvolgimento della nave in attività soggette a sanzioni.

Nel mese di febbraio si sono verificati due episodi rilevanti.

Nel nord Italia, la petroliera Seajewel è stata colpita da due esplosioni ravvicinate: una nella sala macchine, seguita da una nella stiva, causando danni gravi e un lungo incendio. Le indagini italiane hanno successivamente indicato l’uso di una mina magnetica subacquea, o “limpet mine”.


Sempre a febbraio, la Grace Ferrum è stata attaccata al largo delle coste libiche, riportando una grave falla nello scafo e provocando una significativa fuoriuscita di petrolio.

Il primo evento dell’anno è avvenuto a gennaio, quando la Seacharm è esplosa in un porto turco. Lo scoppio nel compartimento del carburante ha innescato incendi estesi che hanno distrutto il carico. Le autorità turche hanno rapidamente domato le fiamme, ma le prove indicano fortemente un sabotaggio deliberato volto a ostacolare le esportazioni russe di petrolio.

Questi attacchi coordinati suggeriscono operazioni di sabotaggio estremamente sofisticate. Gli analisti ipotizzano diversi metodi possibili, tra cui sommozzatori che piazzano mine magnetiche sulle carene durante l’ormeggio, infiltrati che collocano esplosivi durante lavori di manutenzione, o agenti dei servizi segreti che corrompono membri dell’equipaggio affinché nascondano e attivino ordigni una volta in mare aperto. Queste tattiche massimizzano il danno operativo riducendo al minimo i rischi di rilevamento.


Realizzare sabotaggi simili richiede una pianificazione strategica e reti logistiche solide. Le forze speciali ucraine, già attive a livello globale – compresa l’Africa, dove contrastano l’influenza russa – potrebbero utilizzare basi navali alleate in paesi come Polonia, Turchia o Romania come punti di partenza segreti. Queste basi offrono supporto logistico, copertura operativa e rapidità di intervento, elementi cruciali per il successo delle operazioni marittime clandestine.

Porti con misure di sicurezza deboli, corruzione diffusa o entrambe le cose – come quelli in Libia e Siria – sono ideali per le infiltrazioni. La scarsa vigilanza e la possibilità di corrompere funzionari rendono più facile il piazzamento di esplosivi. Colpire navi in questi porti vulnerabili riduce la necessità di infiltrazioni in molteplici località e garantisce un’efficienza operativa lungo le rotte note della flotta ombra.

L’impatto cumulativo di queste operazioni di sabotaggio rappresenta una grave minaccia per le attività della flotta ombra russa. Con sei incidenti confermati solo nel 2025, si è delineato un chiaro e preoccupante schema. Le petroliere russe non possono più considerarsi al sicuro in nessun tratto del loro transito, con un conseguente aumento significativo del rischio operativo. In combinazione con il rafforzamento delle sanzioni internazionali e il controllo marittimo più severo, specialmente nell’Europa settentrionale, questi sabotaggi ripetuti probabilmente spingeranno molte compagnie a rivedere il loro supporto alle operazioni russe.

Inoltre, la maggior parte delle navi della flotta ombra opera senza assicurazione a causa dello status illecito e delle sanzioni. Questo significa che i proprietari devono farsi carico direttamente dei danni se le loro navi vengono colpite. Chi non vorrà correre il rischio di essere preso di mira dall’Ucraina, smetterà di collaborare con la flotta ombra russa, riducendo significativamente il numero di navi disponibili e complicando ulteriormente le esportazioni di petrolio da parte della Russia.

In sintesi, sebbene non vi siano prove dirette del coinvolgimento dei servizi segreti ucraini, la crescente frequenza e sofisticazione di questi atti di sabotaggio si allinea fortemente agli interessi dell’Ucraina. La loro regolarità e precisione indicano una pianificazione meticolosa e un’esecuzione efficace, che danneggia in modo sostanziale la capacità della Russia di eludere le sanzioni internazionali. Questo sabotaggio mirato mina sistematicamente le esportazioni petrolifere russe, fornendo a Kyiv un vantaggio strategico rilevante attraverso il blocco delle entrate essenziali che finanziano l’attuale guerra del Cremlino.

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